Basilica concattedrale di Maria Santissima della Madia


Il luogo su cui sorge la Basilica Concattedrale della Madonna della Madia in Monopoli si è rivelato, grazie agli scavi archeologici avviati in loco nel 1986, zona di antiche e complesse stratificazioni temporali che, partendo dal 4500 a.C. circa giungono fino ai nostri giorni.
La prima fase: Età del Bronzo

Il luogo su cui sorge la Basilica Concattedrale della Madonna della Madia in Monopoli presenta tracce di frequentazione umana fin dall'età del Bronzo, come testimoniano i fori di palificazione scavati nella roccia sottostante il pavimento dell'antica criptadella cattedrale romanica, edificata a partire dal 1107 probabilmente sui resti di un antico tempio pagano dedicato al culto delle divinità mediterranee Maia e Mercurio. Sotto la suddetta cripta sono state del resto ritrovate testimonianze di frequentazionemessapica della zona come una sepoltura di cui è visibile la controfossa, all'interno della quale - esemplare unico nel suo genere - è stata ritrovata una trozzella in materiale bronzeo e non di terracotta, come invece per gli altri ritrovamenti dello stesso genere. Ancora, sono stati rintracciate numerose tombe a camera di età messapica e corridoi sotterranei utilizzati forse come vie per giungere al tempio di Mercurio/Ermes.
La seconda e terza fase: Epoca ellenistica e secoli VII - XI

La seconda stratificazione temporale visibile al di sotto della cripta è determinata dalla presenza di alcune fosse votive, diEpoca ellenistica, di cui particolare è risultata la presenza di uno scheletro completo di infante con orecchini circolari in filo d'argento e una sepoltura d'adulto con corredo in vasellame. La successiva stratificazione rivela un sepolcreto di età alto medioevale e dunque sepolture cristiane: le fosse, scavate nella roccia e orientate in direzione ovest - est (con il capo rivolto verso il sole nascente, simbolo di rinascita - Risurrezione), presentano una parte inferiore slargata e un rialzo nella parte superiore, dove probabilmente appoggiava il capo il defunto, a mo' di cuscino di roccia.
La Cattedrale Romanica

La prima chiesa cattedrale di Monopoli fu costruita su un precedente edificio di culto dedicato a san Mercurio di età paleocristiana o altomedievale, sorto intorno al 256 d.C. sulle rovine di un tempio pagano alla divinità omonima Mercurio e a Maia, come leggibile in una epigrafe in greco oggi visibile nella sagrestia della Cattedrale settecentesca: la cattedrale sorse nel XII secolo in stile romanico, su iniziativa del vescovo Romualdo (1077 - 1118) e con il contributo del duca Roberto d'Altavilla, ma ben presto i lavori furono interrotti per la mancanza del materiale adatto alla costruzione del tetto. Secondo la leggenda locale, nella notte del 16 dicembre 1117 una zattera approdò nel porto della città, poi insabbiato in età normanna, trasportando l’icona della Madonna della Madia, e con le travi della zattera fu ultimata la chiesa. Essa fu consacrata solo il 1º ottobre 1442 : l’impianto basilicale era a tre navata, con transetto e abside. Le dimensioni erano in lunghezza di 31,90 m e in larghezza di 17 m.

A partire dal Cinquecento furono apportate significative modifiche alla cattedrale. Infatti nel 1501 tra l’altare maggiore e l’abside fu edificato un retablo a 16 nicchie con altrettante statue, e sopra di questo fu ricavata una piccola cappella sopraelevata per la custodia dell’icona venerata. Per la prima volta veniva adottata questa disposizione di una cappella sopraelevata al posto dell’abside. Tra il Cinquecento ed il Seicento furono aggiunte otto cappelle laterali, quattro per parte. Nell'ordine, partendo dalla navata destra in prossimità del portale:
Cappella di San Michele, della famiglia Galderisi
Cappella di San Giacomo, della famiglia Borrassa
Cappella del Santissimo Sacramento, della Confraternita del S.s Sacramento: presentava una cupola alta 13 m. e una Pietà in pietra.
Cappella della Concezione
Cappella di Maria Santissima della Madia (al centro, dietro l'altare di pietra)
Cappella di Sant'Anna
Cappella della Circoncisione con monumento funebre del vescovo Antonio Pignatelli
Cappella di San Giacomo
Cappella di San Lorenzo.

In seguito, poiché la cappella sopraelevata della Madonna della Madia era di dimensioni ridotte, tra il 1642 ed il 1643 fu abbattuta l’intera zona dietro l’altare maggiore per costruire una nuova struttura che comprendeva nella parte superiore una più ampia cappella e nella zona sottostante la sacrestia. Infine nel 1693 è edificato un nuovo campanile al posto di quello romanico crollato in seguito ad un fulmine, in stile barocco.
La Cattedrale Barocca

Nel Settecento l’intero edificio romanico e le strutture successive, eccetto il campanile, da poco ultimato, furono demolite per costruire la nuova cattedrale in stile barocco, opera iniziata nel 1742 e portata a termine nel 1772. Le motivazioni che portarono i canonici del capitolo a volere una nuova chiesa furono molteplici: in primo luogo l'esigenza di un tempio sacro che rispondesse alle esigenze di una popolazione in costante aumento; in secondo luogo la volontà di seguire la moda barocca del tempo e di eliminare una cattedrale ormai fatiscente e che comunque avrebbe richiesto l'impiego di ingentissime risorse per un lavoro di rattoppamento di cui i canonici non vollero prendersi carico. Si decise così a favore della distruzione totale dell'antico tempio romanico: per l'erigenda cattedrale barocca furono chiamati due maestri muratori e ingegneri, Michele Colangiuli di Acquaviva e Pietro Magarelli di Molfetta che costruirono una chiesa perfettamente aderente ai dettami del Capitolo: ampia, spaziosa, in cui troneggiasse l'Icona della Beata Vergine della Madia. Nel 1786, tredici anni dopo la consacrazione, per proteggere il sagrato dal forte vento proveniente dal mare, fu edificato sul lato destro della facciata un muro alto trentatré metri, comunemente definitomuraglione, ad opera di Giuseppe Palmieri, dove trovarono posto 10 delle 12 statue dell’antico retablo cinquecentesco (come San Francesco, San Domenico, Isaia, Geremia,Ezechiele) probabilmente opera di Ludovico Fiorentino, attivo nel XVI secolo. Alcune statue presentano deformazioni causate da un fulmine che cadde il giorno di Natale del 1519sull'Altare Maggiore. Agli inizi del 1800 fu edificata la Cappella dei Martiri e nel 1850 venne completata la cappella superiore: agli inizi del '900 venne realizzato il pavimento in marmo delle navate, venne dipinto il soffitto della navata centrale e della cupola, furono decorati i pilastri con marmo e fu inserito il nuovo organo che sostituì quello settecentesco. Nel 1959 fu realizzato il sottopassaggio che unisce piazza Manzoni al sagrato della Cattedrale.
MADONNA DELLA MADIA



Correva l'anno del Signore 1117 e delle serie difficoltà economiche impedivano la costruzione della cattedrale di Monopoli. Malgrado l'attuale vescovo Romualdo non mancasse di incitare i fedeli alla preghiera, non si riuscivano a trovare le travi necessarie per completare il tetto dell'opera sacra.
La Santissima Madre non tardò però ad esaudire le preghiere dei suoi figli. Nella notte tra il 15 e il 16 dicembre 1117, la Madonna apparve in sogno al sacrestano della cattedrale di nome Mercurio, consegnandogli un messaggio per il vescovo: le travi, tanto agognate dal prelato per la costruzione del tetto della Basilica, erano già al porto. Per tre volte il sacrestano si recò dal vescovo, per riferirgli che le travi erano già disponibili, ma questi, scettico, non prestò importanza alle parole di Mercurio, ricacciandolo tutte e tre le volte e tacciandolo d'ubriachezza. Ma nel cuore della notte, al fine di vincere l'incredulità del vescovo, gli angeli fecero suonare miracolosamente tutte le campane della città, allarmando sia il popolo che il clero, al punto da spingere tutti i cittadini a riunirsi al porto. Qui galleggiava una grande zattera (la madia) con sopra l'icona. Al porto, il vescovo per tre volte provò ad afferrare il quadro ma la zattera per tre volte, memore del triplice rifiuto precedente, si ritirò a largo. Solo dopo aver compreso la sua mancanza di fede, Romualdo riuscì ad afferrare il quadro e tenendolo stretto a se, seguito dalla folla di fedeli, lo depose nella cattedrale, dando così vita alla prima processione della Madonna della Madìa.
Le travi dell'imbarcazione di fortuna furono immediatamente recuperate ed utilizzate per il completamento dell'opera. Anticamente, in occasione della festa, piccoli frammenti dei sacri legni venivano distribuiti ai fedeli come reliquie. Oggi le travi sono ancora venerate in una cappella dell’attuale cattedrale barocca (1742-70). Dopo novecento anni risultano essere ancora al tatto fresche e vive. Altre ne sorreggono il tetto, oltre la volta in pietra, come nella precedente basilica romanica a cui si rifà il miracolo della Vergine. 
Oggi come allora, la notte del 16 dicembre e la sera del 14 agosto in occasione della festa dell’Assunzione della Vergine, l'icona della Madonna della Madìa arriva su una zattera scortata da pescatori e marinai. I subacquei completano la processione sott’acqua e guidano con le loro torce la zattera verso il molo dove, ad attendere la miracolosa immagine, ci sono i fedeli e il vescovo della diocesi.
La legenda sembra confermata dall'ipotesi del naufragio di una grossa nave da carico, armata da un certo Euprasio e partita da Costantinopoli. Un'altra ipotesi vuole la produzione dell'icona direttamente in Italia, ad opera di iconografi bizantini, attorno al 1280. 
La recente memoria popolare ci tramanda che durante il secondo conflitto mondiale, laddove vi fosse un'immagine della Madonna della Madìa non sarebbe avvenuto alcuno scoppio a seguito dei bombardamenti anglo-americani.
ZATTERA

L'Icona detta della «Madìa», dalla parola spagnola, ma di origine araba, «Almadìa» che indica proprio la zattera è una tempera su tavola. L'immagine è del tipo Odigitria, ed ha la peculiarità di reggere col braccio sinistro il Figlio, il quale a sua volta regge con il suo sinistro la Legge; entrambe le destre indicano il movimento tipico delle icone verso lo spettatore. L'occhio destro della Madre esattamente sulla linea di centro dell'icona attira l'attenzione dei suoi figli, mentre con la destra, ed il capo lievemente inclinato, conduce al Figlio, indicandolo. Ancora una volta con la sua destra Gesù benedice il fedele con l'anulare unito al pollice, raffigurante la natura umana e divina che si incontrano, mentre le altre tre dita rappresentano la SS. Trinità. La posizione esattamente centrale della mano del Bimbo conclude il movimento partito dalla Madre e raffigurato interamente sulla linea di centro dell'immagine. Le lumeggiature e i fili d'oro del vestito di Gesù disposti a forma di raggi di sole sono espressione della Sua regalità. La Madre stessa con il braccio sinistro ne è il trono. Le gambe incrociate annunciano i momenti della passione, mentre la fronte alta, tipica di una persona matura indica la consapevolezza del Piccolo della Sua Missione. Tornando sulla sinistra è in evidenza il rotolo tenuto da Gesù che ci rimanda anche all'Apocalisse (5,1), dove il Signore in trono ha un libro "a forma di rotolo, scritto sul lato interno e su quello esterno sigillato con sette sigilli" se si misura la distanza fra una linea obliqua e l'altra e si completano con le linee nascoste sotto la mano di Gesù si vedrà infatti con facilità che sono esattamente sette. Nessuno sa cosa c'è scritto in quel rotolo, ma ognuno spera che ci sia scritto il proprio nome, infatti la tradizione vuole che la settima introduzione alla "coroncina" dedicata alla Madonna della Madìa reciti: "O Maria SS. Della Madìa, Voi che sapete il segreto di quel foglio che tiene chiuso nella mano il vostro Bambino Gesù, deh! Per carità! Abbiate pietà della povera anima mia, perciò se il nome mio non sta scritto in quel foglio, scrivetelo Voi potentissima Madre e sarò salvo".
Ancora e non a caso sulla sinistra, ai piedi di Gesù, vi è una figura più piccola: un abate dell'Ordine di S. Basilio (l'attribuzione è certa poiché il religioso indossa un saio nero), dalla parte opposta un diacono che reca in mano un lungo cero.
Altra caratteristica dell'Icona è la mancanza delle scritture liturgiche MHP OY (Mèter Theoù = Madre di Dio) ed IC XC (Iesoùs Christòs = Gesù Cristo) per l'identificazione dei personaggi sacri raffigurati (caratteristica importante nella tradizione bizantina, per l'ammissione al culto delle icone).
Le aureole a racemi rilevati in pastiglia rimandano alle produzioni cipriote o crociate. Le tre stelle sul manto della Vergine (una è coperta dal Cristo) indicano la perpetua verginità di Maria: prima, durante e dopo il parto. Un particolare espediente pittorico, poi, permette alla Vergine di osservare il visitatore posto in qualsiasi posizione prospettica. Il suo doppio manto, indica la sua natura spirituale e umana, lei, creatura, figlia di suo Figlio, madre di Dio e madre dell'umanità. 
Il retro dell'icona, in modo assai originale, rappresenta una mappa celeste, ove risulta abbastanza chiara la costellazione dell'orsa maggiore.


SITO UFFICIALE

CHIESA SAN COSIMO - SAN DAMIANO : FESTA SAN COSMA E DAMIANO

Originariamente fondata da committenti privati, la chiesa passò di volta in volta a proprietari diversi, fra i quali spicca, per ultima, la confraternita di S. Cataldo, che si occupò di mantenerne vivo il culto, sostituito in seguito da quello dei SS. Cosma e Damiano. 

Delle sue opere, purtroppo in gran parte derubate, ci restano soltanto un quadro dei SS. Medici, collocato in Cattedrale, e le due statue degli stessi e di un piccolo S. Cataldo ligneo, che si trovano nella chiesa di S. Domenico.


CHIESA SAN DAMIANO
La presenza dei frati domenicani nella città di Monopoli si fa risalire al 1270 e risulta tra le prime in Puglia. Essi fondarono fuori dalle mura, nell'area di Cala Fontanelle, la chiesa di Santa Maria Nova, che anche nel nome ricorda la chiesa, dello stesso ordine, sorta a Firenze.
L'antica chiesa di Monopoli fu distrutta durante l'assedio spagnolo del 1528-1529. Intorno alla fine del Cinquecento la chiesa e il convento furono ricostruiti all'interno delle mura; il convento ospitava circa 30 frati tra cui alcuni novizi e oggi, sede della caserma dei carabinieri, conserva tracce della sua nobiltà antica: il chiostro luminoso, la cornice d'ingresso e le logge rinascimentali sulla piazza XX Settembre.
La facciata della chiesa è caratterizzata dal rosone riccamente decorato con i suoi ventuno archi, i motivi floreali interni, la rosa centrale. Un portale, altrettanto decorato, consente l'ingresso in tre spaziose navate, che conducono alla cupola rinascimentale e a un'abside di influenza gotica.
Notiamo la presenza, appena entrati, di un organo decorato di bianco e azzurro del Settecento e, in fondo alla chiesa, di un elegante coro ligneo della seconda metà dello stesso secolo.
Gli otto altari presenti sono alcuni in tufo altri in marmo: i primi espressione delle scuola leccese, i secondi della scuola napoletana. La volta celeste raffigura una balaustra dalla quale si affacciano piccoli angeli curiosi mentre al centro riconosciamo san Domenico con la Madonna e santa Caterina da Siena, opera di Gerolamo Cenatiempo.
Sull'altare maggiore troviamo il Crocifisso attribuito a Michele De Palma. Dal 1881 la chiesa è curata e custodita dai confratelli di san Cataldo ed è dedicata al culto dei SS. Medici Cosma e Damiano.
IL CULTO DEI SANTI MEDICI IN PUGLIA
FESTA 4-6 GIUGNO
Un culto antico e intimamente vissuto è quello che lega la gente ai Santi Medici Cosma e Damiano. La fede si unisce alla devozione e alla pietà popolare. A Monopoli, sono due le processioni, quella del sabato mattina e quella della domenica sera, con la gente, i confratelli, i sacerdoti.

La chiesa che accoglie San Cosma e San Damiano, a Monopoli, è quella di San Domenico. È del 1560, voluta e costruita dai domenicani. Elegante, sontuosa e raffinata, la facciata. Cornici, decorazioni, sculture ed anche il rosone, tra i più virtuosi e raffinati della terra di Puglia con i suoi 21 raggi che sembrano un traforo.
Gli altari mostrano tutto il pregio aristocratico del barocco salentino: colonne tortili, rilievi, sculture che sembrano aver trasformato la natura in tufo.
I dipinti sono dappertutto, anche sul soffitto, mentre il coro è in legno, fine lavoro di intarsio e precisione. Da ammirare la cappella della Madonna del Rosario: un unicum di pace e silenzio nella chiesa e santuario dei Santi Medici.
Le statue sono del 1837, quando a Monopoli furono donati i due reliquiari, contenenti alcuni frammenti di ossa dei due Santi. 

Il culto dei Santi Medici Cosma e Damiano è diffuso in tutta la Puglia. Alberobello, Bitonto, Oria, Maglie, Polignano, Conversano e Monopoli sono i paesi, le chiese e i santuari dove maggiormente è sentita questa devozione. Ne è prova la testimonianza di fede, di gente, di popolo, nelle processioni. 
Ad Alberobello, il culto venne introdotto a metà 1600 dal conte di Conversano, Giangirolamo Acquaviva d’Aragona. Fu proprio un miracolo per il suo figlioletto, chiamato poi Cosmo, a far costruire, per gratitudine una chiesa sia a Conversano che nell’allora feudo di Alberobello.
Antichissima è la venerazione anche a Bitonto: risalente forse al 1300. Sono proprio i Santi Medici ad invitare i malati a venirli a trovare a Bitonto, paese che diventa sempre più meta di pellegrinaggi e fedeli. 
La processione è da seguire, da osservare, da partecipare. È un qualcosa di unico, con i ceri giganti, con la gente che cammina di spalle e con lo sguardo fisso ai Santi Medici. Occorre esserci, a Bitonto, a ottobre, per poter sentire forte il bisogno dei Santi Medici.
Ma chi sono i Santi Cosma, Cosimo, e Damiano. “Cosma”, in greco, vuol significare kosmos, ordine, modello, mentre Damiano deriva dal latino “Domini Manus”, cioè la “mano del Signore”.
Di certo vivevano in Oriente, erano arabi delle regioni dell’Egea e della Cilicia. Erano fratelli e medici, e proprio perché curavano gli ammalati senza ricevere nulla in cambio, vengono chiamati "anargiri”, cioè senza denaro.
Le immagini dei Santi sono diverse a seconda del paese. Il più delle volte indossano gli abiti orientali, sontuosi e accademici nei colori rosso e verde; a volte, come a Monopoli, portano le vesti mediche dell’occidente e della nobiltà spagnola.
In ogni caso, in mano, sorreggono la palma del martirio, come anche gli strumenti della professione medica: la cassetta del chirurgo, per Cosma e il mortaio e gli unguenti del farmacista per Damiano. 
I due Santi Medici furono vittime della loro stessa carità. Nell’anno 303, durante le persecuzioni dell'imperatore Diocleziano contro i cristiani, Cosma e Damiano vengono denunciati, processati e condannati. Con loro anche altri tre fratelli: antimo, Leonzio ed Euprepio.
Il terribile prefetto Lisia li interrogò e li fece torturare. Cosma, Damiano e gli altri fratelli, pur di fronte alla flagellazione e alla tortura, non rinnegarono mai la fede cristiana. 
La tradizione dice che poi furono gettati in mare per essere annegati; ma il mare, miracolosamente sciolse le corde che legavano i due Santi e li riportò sulla riva. Le fiamme che dovevano bruciarli avvolsero i carnefici lì presenti, e né le pietre e né le frecce riuscirono a colpire e ferire i Santi.
Infine vennero decapitati, probabilmente il 27 settembre del 303, forse nella città di Ciro, in Siria.
La processione prosegue il suo cammino tra preghiere e rosari, e lungo incedere di fedeli, donne soprattutto, e grossi ceri. Ognuno ha un voto da sciogliere; un desiderio da chiedere; un bisogno da esaudire. La gente è tanta; lo stendardo rosso dei Santi Medici, con i due paggetti, introduce la fila delle donne particolarmente devote a San Cosma e Damiano. 
Donne in nero, con il cordone rosso e il medaglione al collo; a volte anche i piedi scalzi, e poi i ceri accesi. È il momento del sacrificio; è il momento della prova per attestare la propria fede e la propria riconoscenza ai Santi che hanno guarito nella malattia, hanno aiutato nel bisogno, sono stati al fianco della gente.
Il cero rappresenta la grazia ricevuta; il cero rappresenta l'offerta; il cero rappresenta il sacrificio; il cero rappresenta l'essere presenti in questo forte momento di partecipazione collettiva. Ognuno ha qualcosa da chiedere; ognuno spera in un qualcosa, in una grazia, da ricevere. 
Interessante è anche la storia che lega Monopoli a San Cataldo. La devozione si deve al vescovo Alessandro Manfridi, di Taranto e risale al 1456.
La processione dalla città nuova, oltre la piazza del borgo, fa ritorno nel centro storico e fa rientro nella chiesa di San Domenico. Tre ore di cammino, tre ore di penitenza e processione, tre ore con i ceri e con i piedi scalzi. 
Le statue vengono collocate sui piedistalli e si tolgono i mantelli carichi di collanine d'oro e di ex-voto. Infine si passa dai Santi; si tocca il loro vestito, la mantella nera, un bacio, il segno di croce, e poi a casa per attendere ancora, forse il prossimo anno, o prima ancora il 27 settembre, per un nuovo incontro e una nuova processione, magari a Polignano, ad Alberobello, a Bitonto, a Conversano.

CHIESA SANT 'ANGELO


la chiesa di S.Angelo in Francisto, sita in contrada Tortorella (o S.Michele), nel comune di Monopoli (Ba) è quanto resta di un piccolo monastero femminile Benedettino e del circostante abitato. Da scavi archeologici effettuati dall'Università di Bari (G.Bertelli) è emerso che detto villaggio risulta abitato in modo continuo sin dal neolitico, per tutta l'epoca romana ed il medioevo fino ai primi dell'anno mille (quando fu distrutto dal generale bizantino Maniace). La chiesa, che nella forma attuale risale al XI sec., è a tre navate, tre absidi e tre cupole in asse, ha subito modeste modifiche nel XIII secolo (due tombe ad arcosolio e la ricostruzione della navata laterale destra) e nel XIX secolo in corrispondenza delle coperture e con l'aggiunta di un piccolo campanile a vela. La struttura, gli spazi interni e la decorazione avvicina questa chiesa a quelle dell’Ordine Benedettino del XI secolo.

Documentazione storica: La chiesa di S.Angelo in Francisto è citata, insieme ad altre chiese di Monopoli, nella Bolla Papale del 1180 di Papa Alessandro III al Vescovo di Monopoli Stefano. (Cronaca Indelliana: Archivio Unico Diocesano di Monopoli) La Badessa Agnese (la cui famiglia decenni prima aveva restaurato la chiesa) scrive nel 1181 al Vescovo di Monopoli Michele lamentandosi della condizione della chiesa. (Cronaca Indelliana: Archivio Unico Diocesano di Monopoli)

S.MARIA DEGLI AMALFITANI




Chiesa di S. Maria degli Amalfitani

Si racconta che nel 1059 un gruppo di marinai provenienti da Amalfi scampò miracolosamente a un naufragio nei pressi de porto di Monopoli; per ringraziare la Madonna del prodigio, si fermarono in una grotta nei pressi del porto per pregare.

Per dimostrare la loro riconoscenza alla Vergine Maria, i naufraghi realizzarono nella grotta una chiesa e la dedicarono alla Madonna, da allora il luogo ebbe il nome di "S.Maria degli Amalfitani".


La chiesa ipogea aveva tutte le caratteristiche di una chiesa rupestre, vi erano, ad esempio, dei meravigliosi affreschi sulle pareti; oggi, purtroppo, non è più possibile vederli perché vi è una forte umidità, causata da infiltrazioni di acqua salmastra, che sono una testimonianza dell’antico porto canale della città, il quale, a sua volta, fu insabbiato durante la dominazione normanna.

Nel corso del tempo, la comunità degli amalfitani residenti a Monopoli si ingrandì, tanto che nel XII secolo si decise di erigere una chiesa più grande sulla grotta ipogea, quest’ultima non fu abbandonata ma divenne il sepolcreto della basilica romanica sovrastante.

Nel XVIII secolo furono realizzati dei lavori che mutarono l’aspetto dell’ edificio, il quale divenne così una chiesa barocca.

Nel XX secolo ancora una volta la struttura fu oggetto di rimaneggiamenti.

Con l’ascesa al potere del fascismo si recuperò il patrimonio artistico italiano di epoche romana e medioevale.

Questo recupero interessò anche questa chiesa monopolitana, infatti, furono tolte le decorazioni barocche per ricostruire una chiesa di gusto romanico. 




In questo periodo fu anche abbattuta la vicina chiesetta di S. Giuseppe, per dare spazio alla zona delle absidi dell’Amalfitana.

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Dell’ edificio barocco rimane solo la facciata, invece, la cripta ha conservato nel tempo la sua struttura originaria. Dopo un recente restauro è stata ripulita dalle ossa dei defunti sepolti nel sepolcreto ed oggi è possibile visitarla.

Questa chiesa ha un’importanza fondamentale per la città di Monopoli, tanto che nel 2000 è stata inserita negli itinerari per i pellegrinaggi giubilari.

CHIESA SAN GIUSEPPE ED ANNA


La chiesa di SS. Giuseppe ed Anna è ubicata tra Via S. Domenico e Via S. Angelo, essa era vicina all’omonimo monastero gestito da monache di clausura che seguivano la regola di S. Chiara. Nel 1562 il monastero esisteva già ma era molto più piccolo, per questo motivo nel 1616 si decise di ampliare la struttura perciò le suore acquistarono molte abitazioni limitrofe. 

I fondi per tali acquisti provenivano, in parte dalla dote che ogni suora doveva portare prima di prendere i voti, mentre altro denaro proveniva dalle rendite fondiarie delle monache e dai lavori domestici che facevano all’interno del convento. Nel 1668 la chiesa viene consacrata da Mons. Cavalieri, mentre continuano gli acquisti per l’ampliamento della struttura conventuale. Nel 1886 leggi eversive dello stato sopprimono tutti gli ordini monastici e ne requisiscono i beni, inizia per questa struttura una situazione di incuria e di abbandono totale che si protrae fino ai nostri giorni. 



Oggi la chiesa si presenta in pessime condizioni, nel 1999 è stato allestito un ponteggio per sostenere la struttura che era diventata un pericolo per l’incolumità pubblica. All’interno vi è rimasto ben poco degli arredi, le tele e l’altare principale si trovano in altre chiese monopolitane, invece, il coro ligneo l’organo di pregevolissima fattura e il prezioso pavimento maiolicato sono vittime degli animali notturni e degli uccelli che facilmente riescono ad entrare a causa delle finestre rotte. 
In particolar modo è preoccupante l’azione dello spesso strato di guano sull’organo e sul pavimento. SS. Giuseppe ed Anna è solo uno degli esempi dell’incuria dell’uomo, tuttavia, ci si auspica che questa struttura non sia persa per sempre.